Politica

Stanco morto di lavoro

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Allora un contadino disse: Parlaci del Lavoro.
E lui rispose dicendo:

[…]Sempre vi è stato detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una sventura.
Ma io vi dico che quando lavorate esaudite una parte del sogno più remoto della terra, che vi fu dato in sorte quando il sogno stesso ebbe origine.
Vivendo delle vostre fatiche, voi amate in verità la vita.
E amare la vita attraverso la fatica è comprenderne il segreto più profondo.[…]

da Sul lavoro (Il Profeta), Khalil Gibran

Sabato 2 luglio, Gaetano Tuccillo e Leonardo Rugna si sono alzati presto, e come sempre, si sono recati sul proprio posto di lavoro. Gaetano a Caghaz, a 16 km dal distretto di Bakwa, in Afghanistan, Leonardo invece a Roggiano Gravina, nel cosentino. Quel giorno entrambi troveranno la morte, mentre si adoperano nel loro dovere, lavorando.

Tuttavia del primo sappiamo quasi tutto, con la spirale comunicativa che si è adoperata per raccontarci la dinamica della sua morte, del secondo nulla ci è stato detto. Neanche una sola parola spesa da Tv e quotidiani nazionali, per metterci al corrente del fatto che, quel giorno di un fine settimana, d’inizio estate, un numero si sommava alle centinaia di anonimi caduti. Esistenze dal sapore quotidiano.

Nessuno ha voluto allarmarci o metterci in guardia dal fatto che in Italia la Morte Bianca, è una possibilità da mettere in preventivo.

Trecentoquarantatre volte, dall’inizio dell’anno, la morte ha colpito famiglie normali, ed esistenze quotidiane, che hanno incontrato l’imprevisto. E’ questo il dato che emerge dall’analisi dell’Osservatorio Indipendente di Bologna sulle morti per infortuni sul lavoro, che diffonde periodicamente rapporti sul fenomeno. Addirittura 650 caduti se si considerano anche i lavoratori deceduti sulle strade e in itinere. Ben 55 vite in meno, rispetto allo stesso periodo dell’anno 2010, e questo nonostante la maggiore crisi occupazionale.

Si muore soprattutto nel campo dell’agricoltura e nel settore delle costruzioni che mantiene un grande rischio di incidenti mortali. Una persona su quattro muore cadendo dall’alto, qualcuna in meno nel ribaltamento di un veicolo, ma in ogni caso è l’abitudine alla gravità che sconcerta.
In un’epoca di comunicazione, ciò che non raggiunge il grande pubblico, non esiste agli occhi della massa. E quindi un’esistenza in meno, è solo un’assenza più o meno indifferente, dove invece, è principalmente una vita ad essere stata cancellata, e non una morte ad essere sopraggiunta.

Noi che possiamo, noi che vogliamo, abbiamo il dovere di riappropriarci del significato dell’informazione, per ristabilire una gerarchia, necessaria, delle notizie, dove sia la notizia importante per molti, a raggiungere la grande massa, e non questa a decretare l’importanza di una notizia.

La Morte Bianca è solo un modo di dire vigliacco, per lavarci mani e coscienze dallo sterminio quotidiano verso cui appariamo indifferenti o nella migliore delle ipotesi disinformati.

Ma è sangue denso e indelebile quello degli operai sul nostro stesso corpo, se non scegliamo una volta per tutte di indignarci e scandalizzarci, anche ogni giorno se necessario, per una morte che di accidentale ha davvero ben poco.

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